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Piacevolmente terrorizzati dall'influenza mediatica


Nel 2001 il nonno ottantacinquenne di un mio amico muore a segutio di un influenza. E probabilmente non era l’H1N1.

termometro

Da qualche mese l’influenza H1N1 ci vene presentata nelle seguenti modalità contrastanti

  1. Pandemia (es. articolo di ieri)
  2. Business farmaceutico (video youtube)

E adesso stiamo entrando nella fase successiva, quella del terrorismo mediatico.

I media usano un linguaggio mirato a creare paura, tensione nelle persone che sentono parlare di quest’influenza. La cosa più sorprendente è che adesso, dopo le rassicurazionei del viceministro Fazio e man mano che ci accorgiamo che attorno a noi sono ancora tutti vivi anche se influenzati, cominciamo a puntare il dito contro i fabbricatori di notizie, addossando a loro tutte le cause di questo scompiglio autunnale.

Bene: è inutile. Consideriamo pure l’ipotesi che le case farmaceutiche riescano a farsi promozione indiretta attraverso i quotidiani, telegiornali, eccetera. Ma questo non basta per diffondere il terrore.

Il mezzo più importante per diffondere le notizie siamo sempre noi. Amiamo le disgrazie, il terrore, il poter parlare di qualcosa di agghiacciante. Peggiore è lo scenario, migliore è il nostro rapporto con la notizia che ci permette di condividere aria fritta per i gironi successivi.

Quando i telegiornali ci stufano, o non bastano come serbatoio di brutte notizie, ci affidiamo ai mitici telefilm serali gonfi di disgrazia, terrore e violenza. Un male che alla fine non viene mai definitivamente sconfitto dal bene. NCIS, Criminal Intent, Doctor House, eccetera. Altro che quella porta scalogna di Jessica Fletcher, la signora in giallo che in qualunque posto andasse si verificava un omicidio.

Quindi quando le notizie non ci danno più una possibilità di parlare di disgrazie, ci lamentiamo di come i media danno le informazioni.

Un sistema efficace per ridurre tutti questi effetti secondari è spegnere il mezzo o cambiare canale, e parlare di qualcos’altro più carino e piacevole.

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